Pubblicità per il sociale : ricatto morale
Sarà stato un paio di giorni fa, che il prof. Grandi, docente di Comunicazione Pubblica all'università di Bologna, ci ha proposto alcune brevi pubblicità, ideate e realizzate principalmente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, su una campagna contro la droga.
Il messaggio era che la droga brucia la tua vita, si partiva ad esempio con delle immagini di un gruppo di ragazzi di 16-17 anni che gioca a pallone. Uno di loro fa gol e tutti insieme festeggiano, poi sembra che la pellicola si bruci, rimane un mucchietto di polvere, e il vento se la porta via. Questo tipo di spot risale agli anni 90.
Ora la mia osservazione è che qui è usata una tecnica di "ricatto morale", cioè "se ti buchi non avrai niente di tutto ciò". Il docente afferma che per parlare di ricatto morale ci voleva qualcosa di più forte. E' probabile che il problema sia che è un ricatto a fin di bene, se invece della droga avessimo messo un'auto di lusso o il cellulare di ultima generazione, probabilmente Grandi sarebbe stato d'accordo. Quante pubblicità ti vogliono far comprare qualcosa per accedere o rimanere un ceto sociale, che ti verrebbe altrimenti precluso? Se non vuoi essere uno sfigato, devi comprare determinati oggetti del desiderio, che spesso sono beni di lusso. Insomma nella maggior parte dei casi si tratta di istillazione di falsi bisogni, di promessa di una nuova vita, non ti vendono il prodotto, ma quello che comporta, che c'è attorno. Ti vendono il sogno.
Spesso dietro un torbido ricatto morale
3 Comments:
Una volta si parlava di "bisogno indotto", distinguendolo dal "bisogno reale". Si diceva anche che il percorso "virtuoso" doveva partire dagli "uomini per le merci" ( = indagare, appunto, i bisogni reali) per finire alle "merci per gli uomini" ( = i prodotti davvero utili per soddisfare i suddetti bisogni); il percorso "vizioso", centrale al discorso capitalista, andava in direzione contraria. Prima si inventano le merci, poi si convincono i consumatori che "ne hanno bisogno" (si induce un bisogno che non è reale, cioè), e se tutto funziona, i consumatori comprano. Anche il tema "tossicodipendenze" è antico: le pubblicità di cui parli mostrano il solito approccio terroristico e punitivo al problema, fatto proprio dalla maggioranza dei governi repubblicani. Nessuna parola, come sempre, sui contesti di disagio, debolezza e ignoranza (per esempio intorno all'ecstasy) sui quali il ricorso agli stupefacenti si innesta, e che sono il vero problema, e l'unico campo d'azione dignitoso (prevenire invece che punire). Scusate il pistolotto, ma non sono stato io a usare il termine "ideologia" :-)
R.S. (motorcitybob)
Perfettamente d'accordo sul fatto che in quegli spot non si tenga molto conto del tema disagio e ci si rifaccia maggiormente ad una prospettiva punitiva.
Sicuramte una pubblicità del genere, suscita una sorta di ricatto morale nell'ascoltatore.
Il fatto è che una pubblicità sociale contro la droga, al fine di avere un impatto sugli adolescenti non può essere messa in modo diverso.
Chiaramente è bene intuire che è una pubblicità con obiettivo diverso da quello delle pubblicità standard in cui il pubblicitario mira a creare un bisogno che essendo "secondario" necessita dell' induzione all'acquisto.
Una pubblicità come quella chiamata in causa deve cercare di abolire un disiderio e non crearlo, pertanto è normale che il messaggio vada a colpire sul morale dell'individuo piuttosto che sul suo desiderio.
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