Frammento 1
Ci facciamo le canne per astrarci e così pure ci andiamo giù pesante con altri tipi di droghe e con gli alcolici ad alta gradazione. Vogliamo tutti fuggire in una dimensione altra non sapendo se questa reale che viviamo non sia più adatta a noi o se noi non siamo più adatti ad essa.
I sensi si stanno gradualmente trasformando, spesso la loro potenza si affievolisce perché ci sono protesi sempre più evolute che li sostituiscono facendoci vedere, sentire, toccare, assaporare, odorare ogni volta di più e meglio.
Ci muoviamo velocemente, come formichine laboriose, all'interno delle nostre enormi e spersonalizzanti città, in cui la ferocia è all'ordine del giorno.
Sempre più occhiali scuri sul volto e cuffie nelle orecchie, la maggior parte non si dà ad un doppio ascolto, della musica e di quello che gli succede attorno, ma si concentra su rock e metal ad alto volume, che va per la maggiore. Bisogna pestare sull'accelleratore della vita come il batterista fa sul pedale della grancassa.
L'incedere è sicuro, tutti i sensi sono impegnati, non guardiamo nulla, ma vediamo un po' di tutto pilotando il nostro corpo nel traffico del fiume umano che affolla la strada. In bocca mastichiamo un ormai insapore gomma, unico vero sfogo alla frenesia sopita che regna in noi. Spesso per difenderci dalle polveri sottili siamo anche equipaggiati di relative mascherine.
I sensi si stanno gradualmente trasformando, spesso la loro potenza si affievolisce perché ci sono protesi sempre più evolute che li sostituiscono facendoci vedere, sentire, toccare, assaporare, odorare ogni volta di più e meglio.
Ci muoviamo velocemente, come formichine laboriose, all'interno delle nostre enormi e spersonalizzanti città, in cui la ferocia è all'ordine del giorno.
Sempre più occhiali scuri sul volto e cuffie nelle orecchie, la maggior parte non si dà ad un doppio ascolto, della musica e di quello che gli succede attorno, ma si concentra su rock e metal ad alto volume, che va per la maggiore. Bisogna pestare sull'accelleratore della vita come il batterista fa sul pedale della grancassa.
L'incedere è sicuro, tutti i sensi sono impegnati, non guardiamo nulla, ma vediamo un po' di tutto pilotando il nostro corpo nel traffico del fiume umano che affolla la strada. In bocca mastichiamo un ormai insapore gomma, unico vero sfogo alla frenesia sopita che regna in noi. Spesso per difenderci dalle polveri sottili siamo anche equipaggiati di relative mascherine.
Quale futuro per la comunicazione in questo mondo di anestetizzati?
Continua ...
3 Comments:
Bella Hermes.
Posso anche darti ragione sul fatto che ci sia un "bisogno" di velocità, di "non-pensiero". Forse c'è un nuovo senso interno che dilaga, dilatando gli altri sensi. Mi riferisco a un sentire individuale, una sensazione, un senso quindi.
Un senso senza significato, che parte dalle domande "classiche" sulla vita: chi siamo, dove andiamo e cosa facciamo. Siamo confusi da un eccesso di stimoli, dalle droghe alla musica, alla tv a modelli sociali e via discorrendo, così frammentati da andare bene per una serata. Non sono risposte, che continuano a latitare nella vita di ognuno di noi. Non siamo più capaci di cercarle? Un'altra domanda a cui di nuovo non so dare risposta.
Tra parentesi: bevo quando ne ho voglia e ascolto musica a tutto volume. Pause nella ricerca di queste risposte.
E la comunicazione? E' un altro modo per cercare risposte. Per capire: perché l'uomo vive della sua certezza di dominare la natura, anche quella sociale. Si perde nella giungla (anche urbana) che lo sovrasta.
Tia
E' questo quello che si dice creare un'immagine con le parole...una gran dote che ti invidio! Hai mostrato uno squarcio della modernità (...o post-modernità cm amano dire alcuni) intriso di sensazioni. Mi ricorda uno di quei quadri delle avnguardie che sotto tanto caos e movimento nascondono angoscia e impotenza delle figure umane che inermi nn riescono più ad esprimere travolti dalla comunicazione sregolata e incessante. in fondo che cosa è la comunicazione oggi se non un circo di colori, suoni, immagini, parole, movimento...ma nn è una novità. Già gli scrittori maladetti lo percepivano da Baudelaire a Poe descrivendo figure simili a quella che hai presentato. quello che mi chiedo è se ancora noi vogliamo stare ad osservare e vivere abbandonandoci alla nostra inquietudine in questo vortice. Forse è un'utopia ma non sarebbe bello riuscire a librarsi come farfalle sopra di esso, guardare dall'alto e vedere che in fondo ha una sua logica comprensibile all'interno della quale possiamo uscirne vincitori. Forse vedo troppo la vita con delle lenti rosa ma sn un pò stanca di vederla sempre e solo grigia. Odio chi dice che siamo inermi e cerebrolesi!
baci Nicole
Innanzitutto grazie Nicole per i tuoi complimenti.
Citazione:
"quello che mi chiedo è se ancora noi vogliamo stare ad osservare e vivere abbandonandoci alla nostra inquietudine in questo vortice"
Ecco credo che qui tu abbia fatto centro. Vedi Tia, penso che il punto sia questo. Non è che siamo così colpiti dalle famose domande "chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo". Io credo piuttosto che il bisogno di distacco, questa sorta di atarassia postmoderna, sia dovuta alla ricerca di sicurezze nel "qui ed ora" e nell'allontanamento di qualsiasi problema che può presentarsi anche "qui ed ora".
Insomma è l'inquietudine che ci divora, la vita è piena di problemi, dai più leggeri ai più pesanti, e noi invece siamo sembre su un altro binario, dalla nostra torre d'avorio corriamo veloci, finendo a volte per perderci quello che stiamo vivendo, a volte non riuscendo neanche a focalizzare quando siamo spettatori di qualcosa che sta accadendo a noi.
E così, come un coma non è altro che una forma di difesa biologica ad un grosso shock, o se preferisci una crisi isterica a livello psicologico, noi ci chiudiamo nel nostro guscio protettivo con le "nostre cose". La "nostra" musica, i "nostri (non mi prendere in giro per la citazione) immaginari" che ci aiutano a vivere meglio,o piuttosto a sopravvivere in quei duri passaggi di sobrietà da un momento di sballo ... all'altro.
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