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Alto 1, 85 cm, circa, attualmente sovrappeso, castano, occhi marroni misti a verde, tendenzialmente simpatico.

giovedì, dicembre 05, 2013

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domenica, marzo 17, 2013

Comunicazioni "social"

Alla fine di una serata con gli amici uno spunto comunicativo, forse anche un po' comuni-cattivo che non potevo farmi scappare...


Due ragazzi che, poco prima, andavano a braccetto, al momento della foto si sono immediatamente staccati.

Commento di lei: "No, che poi se finisce su Facebook succede un macello".

Osservazioni: nessuno dei due è fidanzato. I due fanno parte della stessa comitiva di amici. Motivo del presunto scandalo: oscuro.

Che Facebook sia piazza virtuale in cui guardarsi e squadrarsi, come dal vivo, ma con l'appeal della visione dallo spioncino della porta, era indubbio, ma c'è un "di più".

Facebook, o il social network in generale, diventa più forte della piazza reale, perché nella piazza reale la gente ti può vedere, ma è sempre la loro parola, è sempre "la gente che dice", "il gruppo che mormora"... mentre qui "scripta manent".

A parte la dubbia paura dell'interessata che, a mio avviso, non ha nessun motivo di temere una foto per nulla sconveniente dato che, ripeto, i due, peraltro amici, non fanno nulla di sconveniente, o cosidetto sconveniente, è interessante un'ultima considerazione.

Si è trattata infatti della conclusione di una serata in cui è stato difficilissimo mettere insieme tre gruppi diversi di amici, presentazioni semiforzate e rarissime occasioni per creare una conversazione comune...

"E pensave che siamo così popolavi! Con le nostve migliaia di amici..."

E così evoluti! Rispetto a quei selvaggi che pensano che una foto ti rubi l'anima...

lunedì, febbraio 11, 2013

Comunicazioni formattatose



Se pensate che la corretta formattazione di un testo sia solo una velleitaria esigenza estetica, forse dovreste riflettere su casi come quello appena proposto.

Le "dispense disciplinari" sono "trattabili" o i 55 euro? Bene, ovviamente la costruzione di senso ci viene in aiuto e qualcuno avrà già tacciato di dabbenaggine questo post, ma il concetto è chiaro: non usiamo con troppa leggerezza il pulsante "enter".

L'andare a capo non è solo un problema estetico, ma è quanto modifica il senso di una frase, dato che l'andare a capo implica una pausa. Lo sanno bene i titolisti più smalizziati che misurano con attenzione la lunghezza di ogni rigo per sfruttare la potenzialità di quello che sulle macchine da scrivere si faceva tirando il carrello indietro.

Ovviamente l'estensore dell'annuncio aveva un problema: sottolineare l'entità del prezzo, a suo dire basso, e porre meno l'accento sulla trattabilità dello stesso. Forse, da un punto di vista strettamente pubblicitario, l'annuncio funziona meglio così, anche se probabilmente il messaggio in sé ha del contorto.

Si sarebbe dovuto decidere se puntare su quello che poteva essere davvero un prezzo basso oppure sulla possibilità di trattare sullo stesso, che forse allora non era proprio così basso...

Stando poi alla costruzione del titolo, strettamente legata alla sua formattazione, si poteva a questo punto optare per un "A 55 € TRATTABILI", "LE SEGUENTI DISPENSE DISCIPLINARI:" togliendo anche l'inutile, quanto inestetico, "IN MATERIA DI:".

venerdì, settembre 14, 2012

Sfogo: macchie di comunicazione

Era tanto che non scrivevo: troppo. Era tanto che nelle mie parole non c'era una goccia di me, in ogni parola una piccola parte di quel distillato di emozioni che il mio essere sapeva produrre. Forse non era tanto il fatto che io non mettessi tutto me stesso nella mia produzione linguistica e nelle parole che vergavano il foglio di nero, quanto il fatto che l'essere appassito sotto i colpi di frusta del lato amaro della vita, che sovente era apparso al mio uscio, quasi presago del triste mietitore che un giorno sarebbe venuto, aveva intorpidito il mio animo. Insomma non ci si era limitati a rendermi meno qualcosa, ma qualcosa, spesso impersonata da qualcuno, aveva fiaccato tutto il mio essere.
Non stiamo parlando del sortilegio demoniaco di chissà quale essere caprino piuttosto che la voce ammaliatrice di una sirena officiante nel Sabba, ma dell'incedere sovrano di una legge di natura.
 

Così come sono sicuro che conoscete, o immaginate, tutte le gradazioni di grigio che possono costellare la sensazione a cui mi riferisco, sono altrettanto sicuro che non avete mai riflettuto davvero sui lati positivi della riscoperta del sé. E tra parentesi, poco importa se si tratta di un processo vero o di una costruzione immaginaria del proprio “io” che reagisce al malessere. Riscoprirsi è la chitarra che torna a suonare dopo che la duratura scordatura ha fatto dimenticare la voce originale, riacquisire la padronanza delle proprie espressioni e dei propri movimenti è il ritorno ad un momento tanto speciale e unico che si avvicina a quella scintilla di vita iniziale che culminò con la nascita. E non a caso si dice rinascita. 


Non mi sento di calare la conversazione in una prospettiva clinica, forse per paura, forse per ignoranza, forse per troppa conoscenza. Mi piacerebbe che si cogliesse la filosofia di questo scritto al di là delle etichette, di qualunque campo di studio e per quanto accreditate esse possano apparire, che potrebbero facilmente venire in aiuto.

Sono uno scrittore di getto, e non amo limare i miei componimenti se non in un secondo momento colto dall'urgenza della correttezza della forma, piuttosto che dalla ricerca della chiarezza per il mio lettore... eppure nel momento della sofferenza, dove il termine sta a significare, se volete sì il dolore, ma meno banalmente, la costrizione, l'incespicare, il ritrovarsi in quella condizione di impotenza - anzi no peggio di massima potenza ridotta ai minimi termini – ecco è ritornando a quei sgradevoli momenti, tutti catalogati con appropriati episodi, che facendo il confronto con ora, con questo quanto mai piacevole e inebriante hic et nunc, il senso di liberazione e di pienezza scaccia e schiaccia una inefficacia e inefficienza di vita che, forse – ma con una probabilità abbastanza alta – tornerà ad annebbiare la mente e l'azione, eppure che al momento appare, non lontana e inabissata, quanto vicina e sconfitta. E' la vittoria della ragione, dello spirito di sopravvivenza, del bene sulle rispettive controparti.
 

E vengono in mente quelle filosofie che parlano di due estremi, e viene in mente quel disegno che rappresenta il concetto dello Yin e dello Yang, che ti rimane in testa per una propaganda e reinterpretazione moderna più che per le basi di un pensiero che oggi ti appare quanto mai chiaro. Tutto trova posto, forse in preda ad una visione troppo manichea – ma la parola troppo, si sa, è sempre fuori luogo in discorsi di tal fatta, assumendo il sapore negazionista di chi sembra annullare relativismo e scetticismo - attorno ai due estremi di un gioco – della vita – in cui gli stessi si compenetrano quasi secondo una logica necessaria.

Di fronte a tale affermazione appare quasi confutabile l'esistenza del male come testimonianza della non esistenza di Dio, ma non è del tema teologico che qui ci occupiamo, semmai di uno teleologico. E a dire il vero dalla prospettiva onesta e scevra da preconcetti – per quanto inevitabilmente condizionata un minimo dalle convinzioni dello scrivente – l'esistenza, l'interferenza, l'indifferenza di un essere supremo non entra assolutamente nel nostro discorso.
 

E' un discorso tutto umano, pienamente umano, quello che è stato prodotto da una rinascita, o se volete più semplicemente da uno scatto evolutivo nell'esistenza di un essere senziente, che giunge ad illuminare la notte dopo un lungo letargico sonno: quasi letargo, appunto, per affrontare l'asperità dell'inverno e ricaricare le pile per un'estate gloriosa.

Come volevasi dimostrare, le stagioni della vita...

mercoledì, giugno 06, 2012

Comunicazioni foto-scacchistiche

 

No, non ricevo contributi economici per la pubblicità occulta...

Ebbene fare da addetto stampa per un torneo di scacchi è stata un'esperienza decisamente interessante, che mi ha aiutato a capire una serie di problemi che si incontrano per coprire mediaticamente l'evento e mi ha fatto elaborare alcune tecniche per risolverli.

Dato che il mio ruolo di addetto stampa/factotum della comunicazione aveva nelle foto una buona fetta delle mansioni previste dagli accordi presi con gli organizzatori, è a questo che mi sono dedicato maggiormente per scoprire come fotografare persone sedute e, apparentemente immobili fosse decisamente meno facile del previsto. La foto scelta, con le bottiglie d'acqua in bella mostra ne è un esempio...

Inoltre i giocatori possono alzarsi quando non tocca a loro muovere, quindi se nella foto si vogliono avere tutti e due i protagonisti della partita bisogna cogliere il momento giusto. Le scacchiere sono abbastanza vicine l'una all'altra quindi bisogna trovare la traiettoria giusta per fotografare solo i soggetti in questione, se non si sta scattando una panoramica. Mentre va un po' meglio sulle scacchiere di inizio o fine tavolo.

Altro aspetto interessante è che, specialmente dopo che il turno di gioco è iniziato da un po', la gente comincia a muoversi nella sala, quindi se si vogliono fare foto senza zombi privi di testa che fanno da sfondo ai giocatori è il caso di approfittare dei primi momenti che seguono il "via" dell'arbitro.

Se si ricerca un'estetica precisa dei soggetti e non si documenta il loro semplice essere in quel posto è necessario sedersi da qualche parte, meglio se fuori dal loro campo visivo, e attendere un'espressione del viso specifica oppure una qualsiasi che, ovviamente, sarà comunque descrittiva delle emozioni provate.

Ora vi lascio con questa conclusione a metà tra studio antropologico e bignami della "fotografia da torneo" perché credo che il post stia diventando troppo lungo.

Buoni scatti a tutti (meglio se mentali)

giovedì, febbraio 16, 2012

Comunicazioni "TT"


Ho scoperto Twitter, ormai da qualche mese. Ne sono abbastanza entusiasta.

Quello che mi piace, almeno così di primo acchito, è la minor invasività rispetto a Facebook e la capacità di far interagire le persone su un tema comune.

Ecco il coro dei "bastian-contrari" che si leva in difesa di Facebook. Aspettate un momento, prego... Ritengo che all'interno di quel socialnetwork non vi sia un reale scambio di idee, e che l'inserimento del bottone "mi piace" abbia ulteriormente impoverito le interazioni.

Qui è diverso, l'uso marginale delle immagini combinato con la potenza dell'hashtag dà vita ad una vera sfera pubblica virtuale.

Quello che rimane da capire, e sto cercando di scoprirlo da utente, o per i nostalgici dell'accademia da osservatore partecipante ;), è se i Twitt (TT per gli esperti) rimangano espressione di un egocentrismo comunicativo, oppure se si trasformino in messaggi utili alla costruzione comune del senso.

Detto in parole povere, non capisco se i TT siano "solo" dei messaggi nella bottiglia nel mare della rete, che vanno alla deriva e vengono notati da più o meno distratti produttori di loro messaggi, ognuno impegnato ad affidare ai flutti il proprio foglio di carta nel vetro, oppure messaggi di fumo che vengono contemporaneamente (insomma) visti da tutti per ricevere, nei casi meritevoli, una risposta.

Nel secondo caso, si potrebbe innescare quella costruzione di senso che dalla mia esperienza non credo di poter testimoniare finora.

martedì, dicembre 06, 2011

Comunicazioni pubblicitarie



Ho sempre guardato con attenzione le pubblicità in televisione, sin da quando ero piccolo. Sapete perché? Perché le pubblicità sono delle vere e proprie storie, nella maggior parte dei casi esse hanno un'inizio, una tensione narrativa e una fine.

Mi affascinava e mi affascina guardare quello che, dovendo essere un condensato, diviene un "concentrato" di storia. Offrendo, in pochissimo tempo: punti salienti, inquadrature ficcanti, battutte sorprendenti.

Le pubblicità, sono le favole dei "grandi". E del resto, fanno leva sui loro sogni...

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